Storie invisibili. Viorela (parte prima)

Fa paura?
Un po’ si, ma basta mantenere saldo l’intento.

Aiutare a trasformare le ingiustizie aiutando, chi da troppo tempo le subisce, senza conoscere altro.
Il nostro impegno nel promuovere la pace è anche questo, permettere alle persone di allontanarsi dalla violenza, aiutare a conquistare e abitare la strada per la propria indipendenza.
Aiutare a vivere un diritto, che va saputo esistere. E che troppo spesso, perché sei donna, che proviene da un altro paese, madre giovanissima, con figli piccoli, senza lavoro e contatti di fiducia, può succedere che non ti renda nemmeno conto che hai delle possibilità di scelta. Che esiste una scelta. Difficilissima, enorme. La scelta di non soccombere, scegliendo di denunciare una vita fatta di quotidiano terrore, scavalcando la vergogna inculcata nei continui insulti e “non vali niente”, la scelta di alzare la testa e chiedere aiuto, trovando il coraggio e la forza, di dire basta. Adesso cambio.

Come è avvenuto per te Viorela? Ci racconti come comincia?
(To be continued_Storie invisibili. Viorela parte seconda)

Nel progetto Madri di Quartiere può succedere di essere chiamati a testimoniare e si testimonia davvero volentieri.
Sfumature e sfide di un lavoro con il cuore.

Autrice: Chiara Bertalotto

Storie invisibili. Mahjuba (parte prima)

C’è la famiglia, a volte, a volte no.

Se sei anziana, molto malata, non parli la lingua e non hai contatti di fiducia, è dura, ma proprio dura andare avanti. Ti ritrovi dopo anni di lavoro con la schiena piegata dalle fatiche e dal dolore, completamente invisibile, in un mondo che ti frega, dove la malavita si insinua e resti un’ombra che non riesce ad alzarsi dal letto, per giorni con la gola arsa senza sapere chi chiamare. Così, tra pareti grigie di muri scrostati, senza acqua calda, con mesi di affitti e bollette arretrate, soprusi e ingiustizie, continui a sperare, pregando, senza mollare. Fino a quando un incontro ti ripaga dei tuoi sforzi, come un dono dal cielo, Houda, Madre di Quartiere.

Houda che ci mostra la bellezza di un lavoro professionale che sconfina nel cuore, un lavoro che diventa scambio, nutrimento e fondamenta per le persone che ha l’occasione di affiancare. Il cambiamento nella vita di Mahjuba, che in arabo vuol dire velata, è palpabile negli occhi che le brillano quando ci invita ad entrare, in una casa popolare di cui è orgogliosa, anche se la porta è rotta e sugli scaffali non c’è niente da mangiare, ma proprio niente, nemmeno un pacco di farina per fare il pane. La connessione che c’è fra loro si riconosce anche dalle piccole cose, come un dolce sognato la notte prima e ricevuto dalle mani di Houda l’indomani.

Commozione e gratitudine.

Per la vicinanza, il calore, per sentirsi presa per mano in un momento dove la fragilità scivola via piano piano. Aiutare Mahjuba non è solo renderle la dignità di essere una cittadina con dei diritti che non sapeva di avere, è anche farla sentire accolta, vista e riconosciuta come donna, madre, nonna, che può ancora ricevere e donare amore.

E’ importante celebrare il lavoro delle mdq ricordando che è il prodotto finale di una rete immensa di interconnessioni, di lavoro di volontari e professionisti che si mescolano insieme, in Terra e Pace, mossi da uno stesso intento e direzione: vivere e credere che sia possibile oggi costruire un mondo migliore.

(Se questa storia ti tocca e vuoi dare una mano, non esitare a contattarci, ci sarebbe bisogno di prendere un pacco viveri in zona Santa Rita e portarlo a casa casa di Mahjuba una volta alla settimana, oppure sostenere il nostro lavoro con libera partecipazione).