STORIE INVISIBILI: Jennifer, Ecuador

TerraePace

Le difficoltà possono arrivare in qualunque momento. 

A chiunque, e in qualunque situazione.

Il progetto Madri di Quartiere è un supporto laddove esiste un disagio,

 un ponte verso il riconoscimento di sé e delle possibilità offerte dai servizi sul territorio cittadino, garantendo sia  un orientamento puntuale che un accompagnamento professionale e personalizzato.

Le Madri di Quartiere sono donne al servizio del cambiamento,

per migliorare, crescere e costruire insieme un mondo di connessioni, di relazioni e di pace.

 Un lavoro che le vede impegnate nella ricerca delle potenzialità e delle risorse che abitano ogni essere umano,

nel loro manifestarsi, rimettendosi in cammino.

Un lavoro che nutre il cuore e rinnova, ogni giorno,

 il senso.

TORINO, PERIFERIA NORD-OVEST. SINCRONICITA’, UN RACCONTO.

C: ciao Jennifer, grazie per avermi accolta in casa tua. Ti va di raccontarci come è avvenuto, per te, l’incontro con il progetto Madri di Quartiere?

J: sì certo. Eh, io sono di religione cristiana e all’interno della mia chiesa c’è un gruppo dedicato alle donne che si riuniscono per lo studio della Bibbia.  Sul gruppo whatsapp una di queste donne aveva condiviso che c’era un progetto chiamato Madri di Quartiere ma, quando ne ho sentito parlare per la prima volta, non mi sono interessata perché non vivevo una situazione di disagio. In quel momento, sia io che mio marito lavoravamo e non abbiamo avuto bisogno di aiuto fino a quando non ci siamo ritrovati in grossa difficoltà economica. E’ successo quando lui ha deciso di lasciare il lavoro spinto da una forte preoccupazione, si è trattato di una scelta non ragionata per via dello stato di malattia dei nostri figli. Sono entrambi epilettici perché lui ha una mutazione genetica che produce epilessia e quindi entrambi i bambini l’hanno ereditata. Quando è successo ero incinta del secondo figlio e mi sono ricordata di quel messaggio in cui avevo letto che si aiutavano anche famiglie con bambini…quindi ho provato a telefonare e mi hanno messa in contatto con una MdQ della mia zona. Quando ci siamo viste, mi ha accolta con un grande sorriso, uno sguardo di speranza e una voce rasserenante, che a pensarci adesso mi commuovo

C: uau, mi arriva forte la tua commozione, ho la pelle d’oca…

J: (mentre si asciuga le lacrime) si, davvero un bel ricordo. 

C: è stato nutrito il tuo bisogno di accoglienza…?

J: sì esatto, mi sono sentita proprio sostenuta. Sai, quelli erano giorni difficili, quelli in cui  non riesci ad avere tutto sotto controllo, non riuscivo ad avere proprio niente sotto controllo e ho visto arrivare un aiuto, la MdQ si è subito mossa. Quel giorno fortunatamente c’era la consegna del banco alimentare e lei è riuscita a inserirmi per farmi avere subito un pacco viveri. Non avevamo da mangiare a casa, non avevamo proprio nulla, il frigo completamente vuoto, il conto in rosso e pieni di debiti, insomma…non che tutto questo sia cambiato completamente, però adesso so che tutto questo è un processo nel quale la MdQ non mi ha mai lasciata sola. E’ una condizione dalla quale stiamo cercando di uscire e so che lo faremo un pò per volta. Ho fiducia adesso perché, a piccoli passi, vedo che ci stiamo già riuscendo. Quindi quel giorno sono arrivata a casa e c’era da mangiare, uau, ed ero incinta all’epoca, si, considerando tutto l’insieme è stato davvero molto difficile. Ho però fatto delle grandi scoperte, perché la MdQ mi ha fatto conoscere altre realtà, come ad esempio la parrocchia vicino a casa (con il banco alimentare) e il CAV (centro di aiuto alla vita), poi mi ha accompagnata alle visite pediatriche, ma anche mi è stata di sostegno al telefono, mi ha fatto un pò compagnia quando ero sola, e alla fine di ogni chiacchierata mi chiedeva se avevo bisogno di qualcosa, rassicurandomi che potevo sempre contare su di lei.

Da parte mia però, non essendo abituata a chiedere aiuto a nessuno, nel mio pensiero c’era: “se chiedo aiuto sto disturbando la persona, mi preoccupa pensare che possa sentirsi soffocata  o che pensi che le manco di rispetto o che mi possa approfittare di lei”,  la MdQ invece, con la sua disponibilità ed apertura, mi ha aiutato ad avere il coraggio necessario per alzare il telefono e domandare qualcosa quando ne avevo davvero bisogno.

C: ti va di raccontarci come è stato il tuo percorso da quando sei arrivata in Italia?

J: si, sono sono qua dal duemiladodici, da giugno. Sono arrivata perché mia madre abitava già qui.

C: e sapevi già la lingua?

J: no, ho imparato tutto qui…

C: uau, parli benissimo!

J: sì l’ho imparato qua, anche grazie a mio marito che è italiano… e poi ho un particolare apprezzamento verso la cultura italiana, per cui cerco di fare il mio meglio…(ride). E quindi sono arrivata qua perché mia mamma voleva portarmi tramite il ricongiungimento familiare, in modo che ci potessimo ritrovare. Sai, lei è qua da 20, 21 anni quindi si può comprendere bene il mio senso dell’abbandono. Io non sono cresciuta con i miei genitori perché anche mio padre è partito per gli Stati Uniti, ma lui non è mai tornato indietro per via dei documenti. Abita lì da quando ho sei anni e non l’ho mai più rivisto di persona da allora, quindi figurati…

C: e vi sentite?

J: sì sì ci sentiamo, ma non è la stessa cosa come avere il contatto fisico, poter condividere quei momenti tra padre e figlia per me è sempre stato un sogno, ed è lo stesso anche per mia sorella. Lei è più piccola, ha ventun anni, mio padre è partito dall’Ecuador che aveva solo una settimana di vita, e dopo un anno è partita anche mia mamma.  Devo dire che mia nonna ha fatto un lavoro straordinario con me e mia sorella, chissà dove sarei ora… e invece è stata molto in gamba…

E quindi sono venuta qua inizialmente con un interesse verso la conoscenza del paese, per uscire dal mio mondo e dal mio stile di vita

C: che cosa facevi in Ecuador?

J: quando sono partita avevo diciotto anni e stavo facendo il primo anno di università in comunicazione visiva, ho mollato tutto e sono venuta inizialmente per stare qualche mese, ma poi…non ce l’ho fatta a ritornare. Qui il modo di vivere, l’ambiente, è completamente diverso, c’è un’altra concezione e c’è una possibilità di dare qualcosa di meglio per il futuro dei propri figli. Anche se magari molti italiani possono pensare il contrario, e vogliono andare all’estero, rispetto alla mia condizione iniziale, di non dico povertà, però non proprio una vita così dignitosa, quindi posso dire che ho fatto un salto di qualità nello scegliere di venire qua.  E poi ho conosciuto mio marito eeeeeh… (sorride).

C: ti sei innamorata?

j: si, e ci siamo sposati nel 2016.

C: che cosa ti piace fare? Sei riuscita a trovare una qualche forma di espressione?

J: sì, all’inizio come baby sitter con un bambino di tre anni, che mi ha aiutata a imparare l’italiano, mi correggeva spesso le parole, tipo: “no non si dice così…ma così”, ho imparato tanto anche con la tv e cercavo di leggere qualunque cosa per migliorare il vocabolario. Ho  anche frequentato quel corso di italiano per stranieri che dura un anno, e poi un corso finanziato dalla regione per diventare tecnico multimediale di design, che più o meno si avvicinava a quello che studiavo giù. Poi ho iniziato a fare dei lavori  di  grafica, anche per le partecipazioni, bigliettini e tutto quello che è richiesto per i matrimoni…

C: aaaah buono a sapersi…!!:)

J: si, ah, ho fatto anche l’insegnante di lingua spagnola, sia come ripetizioni individuali che in un corso serale per disoccupati ad Asti. Avevo anche aperto una partita iva ma poi mi sono vista costretta a chiuderla.

C: uau, sei giovanissima…

J: eh si, ho ventisette anni, (sorride) e cosa altro dirti? Insomma non sono mai stata ferma ecco, e non mi è mai piaciuto dipendere da nessuno e per questo è stato difficile in certi momenti chiedere aiuto alla Mdq, ma mi ha aiutato tanto, quindi…

C: ti ha aiutato a vedere come molte volte chiedere aiuto non è una forma di debolezza ma un grande atto di forza e coraggio…mettere a nudo la propria vulnerabilità?

J: sì, certo. Lei mi ha anche aiutato anche a non agitarmi per nulla e se in alcuni momenti vedeva che non riuscivo da sola mi dava supporto, ma sapevo che la volta successiva avrei potuto fare da me. Le prime volte è bello poter fare le cose insieme ma lei è sempre pronta a spronare, è sì la mamma, ma non è la mamma che ti dà la pappa pronta. 

C: che bello sentire queste parole, grazie…

Si, cerchiamo di trasmettere proprio questo, il progetto Mdq promuove l’empowerment anziché forme di aiuto assistenzialista…

J: e già. Dai,(ridendo), domandami tu e io ti rispondo… 

C: va bene:), stavi raccontando che ad un certo punto, nel bel mezzo di una vita serena, felice, c’è stato un grosso cambiamento…la malattia di tuo marito, poi trasmessa ai tuoi figli e anche nel più piccolo che avevi nella pancia, e la scelta improvvisa di di lasciare il lavoro…

J: sì, c’è stato questo improvviso cambiamento dovuto al fatto che mio marito si è licenziato perché vivevo una gravidanza a rischio…

C: quindi l’ha fatto per starti vicino?

J: si in qualche modo si, perché con l’altro bambino piccolo non riuscivo a muovermi, non riuscivo nemmeno a portarlo all’asilo, non riuscivo a sollevarlo… non riuscivo quasi a fare niente, e quindi…Dove lavorava gli hanno fatto un pò di pressione, non che gli abbiano proprio detto: “vattene”, però nel suo reparto lui era l’unico responsabile della sua area. Faceva il disegnatore meccanico ed era l’unico tecnico in grado di lavorare al computer, senza di lui la produzione non andava avanti. Per un pò di tempo è stato a casa però, dopo ripetuti solleciti, considerando l’ambiente di lavoro, le condizioni di salute peggiorate del bambino, la mia gravidanza, ha dato le dimissioni senza pensare a quello che sarebbe successo dopo. Ci siamo ritrovati senza tredicesima, senza lo stipendio, con i finanziamenti da pagare e mi stava scadendo il contratto con l’università perché entravo in maternità…e quindi boh, cioè, come dire…

C: quindi quasi da un giorno all’altro vi siete ritrovati catapultati in una nuova vita…è così?

J: esatto!…da un giorno all’altro senza niente. Abbiamo visto la busta paga a zero e allora ci è crollato il mondo addosso…

C: in quel momento non avevate una rete di sostegno?

J: no, nessuno che ci potesse aiutare. Anzi altre persone vicine dipendevano dal nostro aiuto e anche loro si sono trovate in seria difficoltà, si è aggiunta anche questa preoccupazione, di non sapere come fare anche per loro… 

C: in quel momento vi siete sentiti da soli?

J: si da soli, persi e senza nemmeno poter sostenere gli altri, quindi per noi è stato un problema, ma anche gli altri ne hanno risentito.  Sai, quando puoi dare qualcosa a qualcuno e all’improvviso non lo puoi più dare, almeno per me, che vengo da una situazione dove da piccola non avevo tutto il necessario…io capisco e comprendo che cos’è avere, e che cos’è non avere. Quel senso del non avere fa sì che se posso faccio qualcosa per dare agli altri e invece quando mi sono ritrovata in quella situazione non sapevo veramente cosa fare, ci siamo ritrovati davvero in difficoltà e per me è stata una salvezza trovare il progetto Madri di Quartiere. Ho pensato: “Uau, c’è qualcuno che pensa a persone che come me possono vivere un periodo di difficoltà”, non so neanche immaginare chi costantemente ha ancora più difficoltà ad uscirne, magari mamme da sole, io meno male che ho mio marito. Ecco, è stato per me sia un un sostegno che un sollievo, un aiuto e lo è tuttora..

C: in questo momento che tipo di aiuto ti sta dando la MdQ?

J: allora, se ho bisogno di qualcosa lei subito entra in contatto con la rete delle altre Madri di Quartiere e mi indirizza verso altre persone, mi aiuta a trovare i servizi che se ne occupano, sia pubblici che privati. Lei cerca gli sportelli, le associazioni e le realtà che mi possono accompagnare verso la risoluzione dei vari problemi o per esempio, se ho bisogno di andare a una visita mi accompagna. Non sembra, ma con i due bimbi così piccoli diventa difficile perché non ho la macchina, ci muoviamo con i mezzi e lei mi dà una mano o manda qualcun altro. Oppure, quando abbiamo preso il Covid, lei è andata in farmacia per noi, ha anche messo soldi di tasca sua, anche per questo le sono grata perché non chiunque lo farebbe. Secondo me il suo lavoro è al di là di essere un lavoro, è il suo desiderio di voler aiutare a dare valore.  Probabilmente perché c’è passata anche lei e questo lo rende più “umano” di un lavoro…

C: per me è molto toccante questo… sentire queste parole, sentire come va oltre, anche in questo momento, come sia un lavoro che va oltre il lavoro, non è un lavoro d’ufficio, sfocia nell’umano, nella relazione, nello scambio e nella crescita reciproca…

J: Esatto, sì penso alla bellezza dello stare vicino ad altre persone e mi vengono in mente anche le persone che stanno dietro al progetto, ed è importante che si faccia conoscere, si faccia sapere, anche per chi come me, vive un momento di serenità finanziaria ma può conoscere altre realtà e altri mondi, altrimenti sommersi. Ecco, finché non vivi il vero disagio, sei nel tuo metro quadro e dici, “io sto bene nel mio comfort, non penso a gli altri…”, però se osservi bene vedi che esiste un mondo al di là della tua comodità, al di là di quelli che possono essere i tuoi problemi, c’è anche altro, no? E quindi questo mi ha fatto scoprire questa situazione: vedere che ci sono persone che possano essere di sostegno in queste situazioni, sì non lo pensavo…e pensavo che saremmo andati sotto un ponte…(ridiamo)… non conoscevo nulla di tutto ciò, sono davvero grata…

Dai domandami qualcos’altro!

C: mi sento commossa da quello che dici, mi arriva proprio il calore umano e l’affetto, essere anche per gli altri esseri umani… Mi sembra di vedere nella realtà come un’esperienza difficile può essere anche un’occasione per incontrarsi, e scoprire come siamo tutti e tutte interconnessi…!

MdQ: e poi sapere che ci sono altre persone nel mondo e che tu non sei da sola, ci sono altre persone che pensano davvero a te…

J: e si questo è vero, lei me lo dice sempre: “non sei da sola”, questa è la sua frase, però sai lei lo dice e lo fa, mi fa sentire che non sono da sola e facendo così mi dà un esempio per essere anche io di compagnia o supporto per qualcun altro, cioè chiunque può essere quella seconda persona per qualcun altro. Ad esempio se  ho un pacco di pasta in più, lo posso dare a qualcun altro perché ho un riferimento che mi hai insegnato che in questo processo che stiamo attraversando non sono da sola, quindi perché dovrei lasciare qualcun altro da solo? Se qualcun altro può, allora anche io posso farlo, è proprio una rete di sostegno, come un circolo virtuoso di crescita reciproca…

C: uau, uau. (Ridendo) ti piacerebbe fare la Madre di Quartiere allora?

J: mah, può darsi che io sia portata, non lo so (ride)… 

C: che bello, mi smuove molto tutto questo…

Mi ha colpito quando dici che è come se ognuno vivesse nel suo orticello, nella sua bolla finché non scopre che c’è dell’altro…

J: è vero…

C: scoprire che siamo insieme per qualcosa, per un fine comune…

Un altro aspetto che mi dà molto senso è la possibilità di incontro fra culture diverse. Come Associazione Terra e Pace stiamo facendo un grande lavoro con la Comunicazione Non Violenta ispirata al modello di M.B.Rosenberg, che parte dal presupposto che tutti gli esseri umani hanno gli stessi bisogni. Così, vedendo il denominatore comune a tutti gli esseri umani possiamo più facilmente abbattere i muri della paura avvicinandoci nella scoperta della propria unicità. Oggi celebriamo tre culture e tre parti del mondo insieme, dall’Africa, dall’Europa e dall’America del Sud, tre donne che abitano e si vogliono prendere cura di questo pianeta, al di là della nazionalità, confini, religioni o opinioni…

J: io questo l’ho notato tanto nella MdQ, lei è molto rispettosa ed empatica nei miei confronti, della mia cultura, del mio carattere e quindi questo mi piace, mi aiuta ad aprirmi ed essere autentica. Accoglie tutto quello che le porto con una calma incredibile e con il sorriso, mi chiedo: “ma come fa?”. Perché poi alla fine sono le differenze che ci rendono persone comuni,  abbiamo qualcosa in comune e abbiamo l’essere diversi, però questo non deve essere un motivo di divisione, anzi, come hai detto tu, siamo esseri umani e sono le differenze a renderci comuni. Poi, se c’è il rispetto alla base, l’apprezzamento verso il prossimo, non ci sono ostacoli, la MdQ non si è mai limitata a causa della mia origine, né per la mia condizione economica. Per me il segreto di Madri di Quartiere è donare a chi non può ripagare, a chi non  può dare indietro o in cambio qualcosa, che secondo me è meglio di quando si dà con l’aspettativa di avere qualcosa in cambio. Perchè alla fine stai dando con la consapevolezza di non ricevere, è come un voler bene l’altra persona senza un interesse personale…

MdQ: esatto, è quello che stavo dicendo a Chiara prima…l’ho trasmesso a lei…ridendo)

J: (ridendo tutte e tre), si è vero!

C: ti ringrazio della tua apertura e voglia di metterti in gioco. Ci hai già raccontato molto…ti va di dirci che cosa ti ha insegnato questa esperienza con il progetto MdQ?

J: Volentieri, mi hai insegnato che il concetto di madri è vero, e viene applicato, perché c’è una cura come mamma chioccia con il suo pulcino. C’è stata questa apertura delle braccia, di accoglienza delle ferite, un aiuto, “un essere con te, ti sostengo”. E quindi questo, mi ha lasciato proprio il sostegno. E’ come quando c’è quella luce in fondo al tunnel e una voce che ti dice andiamo, non sei sola. E nel frattempo è stato un percorso di accompagnamento e quindi, anche questo mi ha lasciato. Eeeeh…penso che è qualcosa che porterò con me, che non dimenticherò mai. Questa mia esperienza che ho vissuto come famiglia, ma anche il lavoro che state svolgendo sarebbe bello se fosse più conosciuto, le persone lo devono sapere e lo devono finanziare!!!! (ridiamo)

Perchè ci sono persone che sicuramente ne hanno bisogno, quindi…

C: (con le mani giunte) ti ringrazio…speriamo!

J: grazie a te…

C: e adesso, come state rispetto a quando hai iniziato il percorso con la MdQ?

J: allora, adesso mio marito ha trovato un lavoro, ma non con lo stesso stipendio che avevamo all’inizio e dato che abbiamo tante spese, l’affitto da pagare, le bollette arretrate, tra tutto quanto alla fine rimaniamo senza nulla, però abbiamo da mangiare anche grazie a quello che ci danno al banco alimentare. Alle volte è difficile come quando stavamo andando in macchina per una visita del piccolo, eh sì, siamo rimasti a secco in mezzo alla strada. Pensavamo di farcela e invece siamo rimasti senza benzina, per fortuna dei ragazzi sono venuti ad aiutarci a spostarla, e c’è stato un miracolo, una persona che era lì e ha visto la scena ci ha detto che sarebbe andato lui a prendere 10 euro di benzina…noi siamo rimasti così (faccia di stucco)…ok! Perché non avevamo un euro, niente, cioè avremmo lasciato la macchina lì e saremmo andati a casa a piedi…

Eh si, ci sono stati momenti difficili, ora la priorità è riuscire a coprire le spese per non perdere i servizi, almeno la luce. E anche la proprietaria di casa ci ha dato delle scadenze…siamo indietro da mesi, mio marito ha iniziato a lavorare dal mese scorso e gli hanno appena pagato lo stipendio ma già non c’è più niente. Il CAV ci passa i pannolini fino al compimento del suo primo anno di età, e questo è già un grande sostegno e anche se c’è bisogno di latte loro me lo danno, invece per l’altro figlio no. Pensa  che qualche settimana fa sono rimasta senza pannolini e ho dovuto arrangiarmi con quelli della taglia più piccola. 

In tutto questo però stiamo imparando a gestire meglio quel poco che abbiamo, perché forse prima sprecavamo tanto in cose futili, uuuum invece ora stiamo imparando le priorità… sono sicura che ce la faremo ecco…

C: ti senti fiduciosa nel vedere tutti i grandi passi che avete già fatto?

J: il fatto che lui abbia trovato un lavoro, che ci serve almeno per pagare l’affitto e le bollette è già un sollievo per me.  Poi da qualche parte il mangiare, secondo me, non ci mancherà. Magari non possiamo fare la vita che vorremmo per i nostri figli, passeggiate di qua e di là, o il gelato, per dire, che può sembrare una stupidaggine ma non troppo, eh ma per ora va bene così…

C: ti senti grata? 

J: (commossa) sì. Passerà esatto, è solo momentaneo.

C: e si…

MdQ: non c’è niente permanente, tutto è una fase, sei già in un nuovo inizio…

C: ci stai mostrando anche la vostra forza, questa difficoltà la state vivendo davvero con coraggio…e stai imparando tanto…

J: sì, stiamo crescendo proprio come famiglia, effettivamente la situazione economica può essere un problema all’interno del matrimonio, siamo addirittura arrivati al punto che me ne stavo andando via di casa, dove non lo so!!!…però me ne stavo andando. Eeeeeee…e poi invece, abbiamo cercato di ritrovare l’equilibrio. E’ stata una disciplina per me non incolpare mio marito per la scelta che  ha fatto, proprio perché ero in disaccordo. Pur essendo una coppia per me è stato difficile non puntare il dito contro di lui, magari quando non c’era la pasta da dare da mangiare al bambino, riuscire a non puntare il dito, è stato davvero difficile. Oppure quando il piccolo doveva fare un esame del sangue in ospedale necessario per la visita di controllo delle convulsioni, e in ospedale ci han detto che non potevano praticare quell’esame così come era scritto nell’impegnativa del medico, se volevamo c’era la possibilità di farlo a pagamento, costava solo 15 euro ma noi non li avevamo. Il bambino così non ha fatto quel tipo di esame, eh, in quel momento…lo sai…

C: hai provato molto dispiacere? Non sei riuscita a prenderti cura di tuo figlio così come avresti voluto?

J: si e ho provato anche tanta rabbia nei suoi confronti, perché spesso gli dicevo “siamo così per colpa tua”, e poi ho capito che forse lo stavo uccidendo in quel modo, che forse non era quella la strada, che forse anche lui aveva il diritto di sbagliare. Solo che siamo adulti e quindi si pagano le conseguenze, va bene, però eh…(squillo del il suo telefono)

J: era mio cognato che sta andando a prendere il pacco alimentare perché con tutti e due i bambini insieme non ce la faccio ad uscire di casa adesso…

C: chi porta all’asilo il più grande?

J: mio marito, sì, per fortuna. Riesce ad incastrarlo con gli orari del nuovo lavoro nel Caf. Il più grande, che adesso ha due anni vuole camminare da solo, ma insieme al neonato, non riesco a direzionare la mia attenzione e rischia spesso di scapparmi oppure se in un momento vuole iniziare a giocare e io non posso, inizia ad urlare e fare i capricci, allora diventa difficile…

MdQ: infatti, adesso l’ultimo passaggio che manca rispetto agli obiettivi che ci siamo date è quello di contattare i servizi sociali. Ho  già parlato con l’A.S che la seguirà, ma quando ha cercato Jennifer al telefono lei aveva appena partorito e non è riuscita a rispondere al telefono…siamo in attesa…

J: si, ho provato a richiamare diverse volte e ho lasciato il mio numero nella segreteria…

C: ah giusto, perchè adesso si può andare negli uffici solo più tramite appuntamento…?

MdQ: eh si…

C: è fondamentale questo passaggio, anche per ottenere l’assegno per i minori…

J: il bello del progetto Madri di Quartiere è poter conoscere ed entrare in contatto anche con altre reti di sostegno, si aprono mondi… 

C: è vero, scopriamo come siamo tutti interconnessi…

In quel momento, (il caso forse proprio non esiste e le coincidenze ci indicano la qualità della strada che stiamo percorrendo?), si in quel preciso attimo dello scambio suona il cellulare della MdQ. Si, era l’assistente sociale. Proprio mentre ne stavamo parlando…le passa Jennifer…

(Stralci della telefonata)

A.S: buongiorno Jennifer, come va?

J: eh difficile, ma non perdiamo le speranze…si c’è il problema della genetica che comporta la malattia anche per il nuovo nato, dell’altro che ha due anni hanno già riconosciuto l’invalidità…

A.S: ha il verbale?

J: si, glielo invio allora. Adesso anche l’altro bambino ha la visita neuropsichiatrica e quindi anche per lui mi riconosceranno la sintomatologia e poi dovrò aspettare il certificato dal medico come ho fatto con l’altro bambino per l’invalidità, anche per lui[…] ok, allora aspetto una sua conferma della ricezione della mail…

A.S: si certo e poi ci sentiamo in questi giorni per vedere come procedere…

J: va bene ok, e come tempistiche come siamo? Perché abbiamo dei pagamenti arretrati e rischiamo che ci vengono a chiudere la luce e tra un po ‘ anche il gas, è questo… e se occasionalmente avessi bisogno di una baby sitter, come posso fare?[…]Perfetto, allora attendo indicazioni, molto gentile, grazie, buongiorno…

MdQ: finalmenteeeeeee, grazie!!!

C: uau evviva, al posto giusto nel momento giusto, ti ha confermato la presa in carico?

J: siiiiiiii evviva! La presa in carico*, perché potevamo essere presi o per l’isee basso o per il riconoscimento dell’invalidità,  e anche per questo è stato difficile poter pagare il certificato del medico ma ce l’abbiamo fatta! Ehmmm, quindi avendo già un certificato dall’altro figlio, per lui dovremmo fare la stessa procedura, un medico legale deve vedere tutta la sua documentazione e poi deve fare un certificato, poi viene fatta la domanda tramite un Caf e poi risponderanno… mentre per la questione degli affitti mi ha chiesto qualche giorno per parlare con altri servizi… 

C: dai è andata bene…!!! che bello 🙂 Prima che andiamo via, ti vorrei fare l’ultima domanda se ti va..

J: si, si 🙂 vai…

C: ti vorrei chiedere se c’è qualcosa che vuoi dire al mondo… (ridiamo tutte e tre), per il mondo di oggi…

J: allora, fammi pensare…

C: che cosa secondo te il mondo ha bisogno di sentire?

J: ok, io penso che il mondo ha bisogno di sentire e di comprendere la parola umanità. Umanità, verso il prossimo, chi conosci e chi non conosci, e verso chi ti sta a fianco, i tuoi figli, tuo marito, i tuoi vicini, questo mi ha insegnato questa situazione, a rispettare il fatto che anche gli altri possono sbagliare. E allo stesso tempo che non è di mia competenza giudicare o dare un peso allo sbaglio che questa persona ha fatto, ed essere disposti a perdonare, essere disposti a donare il perdono per gli altri e per se stessi, per vivere meglio. Anche concedersi la libertà di aiutare qualcun altro, perché aiutare per me è libertà, è poter liberare te stesso oltre a liberare la condizione di un’altra persona. Quindi essere più umani secondo me, è quello di cui il mondo ha bisogno…

MdQ:  hai tanta roba da scrivere eh? (ride)

C: uauuuuu, sei giovanissima ma nelle tue parole ritrovo moltissima saggezza, mi risuona quando parli dell’accoglienza, del non giudizio e del perdono, come liberazione. Mi viene da aggiungere anche la possibilità di essere liberi di non dover assolvere nessuno da una colpa, non spetta a noi farlo semmai, ed essere liberi di poter esprimere quello che siamo senza  giustificazioni, scuse o bugie. Anche la parola umanità fa vibrare un mondo di verità dentro di me…grazie!!!

J: grazie a te 🙂

C: sì sono davvero felice di poter raccontare questo incontro, ho sentito molta connessione oggi, e mi farebbe un enorme piacere se qualcun altro potesse in qualche modo beneficiare delle tue parole, del tuo racconto, della visione che hai del mondo, non solo saggezza ma anche maturità…mi dà molta fiducia per il futuro tutto questo… 

J: (ridendo) chissà se un domani potrei diventare una Madre di Quartiere…

MdQ: c’è un posto per lei?

C: certo! Stiamo cercando il bando giusto e i finanziamenti per proseguire il progetto, abbiamo delle cose belle che bollono in pentola, anche per formare nuove Madri di Quartiere. Il gruppetto attivo adesso sta seguendo la formazione continua e la supervisione, proprio perché non è un lavoro individuale. Contribuiamo a mantenere uno spirito di gruppo e di condivisione dei successi e delle difficoltà, così che ognuna sappia che se ha bisogno può contare sulla rete e sulle altre MdQ, l’equipe che sostiene questo progetto è molto articolato…

J:  io mi auguro che sia così per voi…che vi aprano le porte, questo sarebbe indispensabile…e posso farti io una domanda? Come nasce Madri di Quartiere? 

C: il progetto nasce a Berlino in una comunità turca ed è stato poi portato qui a Torino, prima solo nel quartiere di San Salvario, e poi esteso a tutta la città da un’Associazione che si chiama “Il Mondo di Joele”, dove lavoravo prima e dove si è incontrato il nucleo che ha fatto nascere Terra e Pace. Ad oggi sono state formate più di 40 donne di 15 nazionalità diverse…eh in effetti dell’Ecuador non c’è mai stata nessuna…(ridiamo)

J: allora sarebbe l’occasione giusta! Poi se in qualche modo io posso contribuire per ripagarvi a mia volta, vi posso offrire le mie capacità grafiche…

C: uau, grazie, che bella questa offerta! Noi siamo alla continua ricerca di sostegni di varia natura, ci sono alcuni volontari che ci offrono le loro competenze e il loro tempo, senza i quali non saremmo arrivati qui e senza i quali non potremmo continuare a esistere…

Grazie di cuore Jennifer, grazie per averci dedicato questo spazio a presto…

MdQ: ciao, ci sentiamo.

J: va bene, grazie a voi per questa possibilità.

(Racconto liberamente interpretato. Testo e foto Chiara Bertalotto)

“A tutela della privacy dei soggetti coinvolti alcune informazioni rispetto a nomi o luoghi della narrazione possono essere inventati”

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *